Cosa c’è che non va nel Decreto Legge sul femminicidio – parte prima

Lasciamo all’antica saggezza di Fedro spiegare quale abnorme rischio porterebbe con sè un Decreto Legge così mal concepito.


LUPUS ET AGNUS

Ad rivum eundem Lupus et Agnus venerant siti compulsi: superior stabat Lupus, longeque inferior Agnus: tunc fauce improba latro incitatus jurgii causam intulit. Cur, inquit, turbulentam fecisti mihi istam bibenti? Laniger contra timens, qui possum, quaeso, facere quod quereris, Lupe? A te decurrit ad meos haustus liquor. Repulsus ille veritatis viribus, ante hos sex menses male, ait, dixisti mihi. Respondit Agnus: equidem natus non eram. Pater hercle tuus, inquit, maledixit mihi. Atque ita correptum lacerat injusta nece.
Haec popter illos scripta est homines fabula, qui ficti caussi innocentes opprimunt.


IL LUPO E L’AGNELLO

Un lupo e un agnello, spinti dalla sete, si ritrovarono a bere nello stesso ruscello.
Il lupo era più a monte, mentre l’agnello beveva a una certa distanza, verso valle.
La fame però spinse il lupo ad attaccar briga e allora disse: “Perché osi intorbidarmi l’acqua?”
L’agnello tremando rispose: “Come posso fare questo se l’acqua scorre da te a me?”
“E’ vero, ma tu sei mesi fa mi hai insultato con brutte parole”.
“Impossibile, sei mesi fa non ero ancora nato”.
“Allora” riprese il lupo “fu certamente tuo padre a rivolgermi tutte quelle villanie”.
Quindi saltò addosso all’agnello e se lo mangiò.
Questo racconto è rivolto a tutti coloro che opprimono i giusti nascondendosi dietro falsi pretesti.

GUARDATEVI DAI “LUPI”… E ANCHE DALLE “LUPE”

Possono uomini e donne trovare una strada comune per combattere ogni genere di violenza senza ideologie? Usare il termine femminicidio aiuta?

[a cura di Ettore Panella]

Ringrazio le amiche del Movimento Femminile per la Parità Genitoriale per avermi sottoposto questo stimolante quesito. Ci ho pensato un po’ e ho provato a rispondere. Pur avendo tagliato senza ritegno l’articolo è uscito comunque lunghetto, spero mi perdoniate.

Qualche giorno fa la mia amica Rita mi sottopose un articolo di fahreunblog scritto da un certo Broncobilly (http://fahreunblog.wordpress.com/2013/04/23/punire-il-femminicida/). Pur essendo un articolo brillantissimo mi resi conto subito che anche lui aveva commesso un errore comune che commettono in tanti ovvero considerare il sistema di definizione delle pene da comminare per ogni delitto come un sistema razionale mentre, al contrario, si tratta di un sistema basato sull’empatia.
La gravità o meno di una pena è legata alla quantità di empatia che la media (nota 1)  degli abitanti un paese nutre verso i soggetti coinvolti sia in termini puramente astratti (reo/vittima), sia in termini di caratteristiche personali (donna/uomo, antipatico/simpatico, vip/sconosciuto…).

Più un soggetto riesce a catalizzare empatia, meglio ne esce.

Faccio un esempio, mantenendomi in termini astratti. Nel caso dell’omicidio colposo ci sarà chi empatizzerà (nota 2), maggiormente con il colpevole perché in fondo chi è che non ha fatto una leggerezza nella vita?  Un bicchiere di troppo, uno starnuto o un’accelerata possono determinare un incidente mortale. Ci sarà chi empatizzerà maggiormente con la vittima o perché ha subito un incidente o perché pensa di poter essere investito.  Ci sarà chi empatizzerà un po’ per l’uno e un po’ per l’altra.

La pena che verrà stabilita dal potere politico sarà un compromesso tra le quantità di empatizzazioni che faranno pendere la bilancia per uno dei due; quanto più l’ago della bilancia sarà sfavorevole ad un soggetto, tanto più la punizione tenderà ad essere pesante. Il potere politico non ha sempre e solo un ruolo passivo alla “Ponzio Pilato” – che chiede di scegliere tra Gesù e Barabba – ma può condizionare la percezione della popolazione.

L’empatia è un processo naturale che può essere disattivato da emozioni, quali la rabbia, oppure dall’interesse economico.  Intervenendo sulla percezione della popolazione il potere politico può alimentare le emozioni empaticide o creare interesse economico al fine di modificare il flusso dell’empatia che non è mai un flusso stabile ma è sempre soggetto ai condizionamenti esterni.

Nel caso di omicidio volontario ognuno di noi tenderà a empatizzare con la vittima perchè partiamo dal presupposto che non abbiamo nessuna intenzione di uccidere (cosa tra l’altro vera, visto che solo una ultra minuscola frazione di popolazione realmente uccide). Potremmo però essere erroneamente e falsamente accusati di un omicidio e questo ci farà empatizzare con le “vittime degli errori giudiziari” portandoci a chiedere, da un lato, un processo giusto e, dall’altro, di limitare la richiesta di severità.

In questo processo conta molto la fiducia che la popolazione nutre verso la capacità della magistratura di assicurare processi veloci e giusti. Poichè in Italia questa fiducia è sempre più scarsa si determina un saliscendi dove un giorno si è giustizialisti e il giorno dopo garantisti.

Nel caso di violenza su una donna, ovviamente, le donne empatizzeranno con la vittima ma, essendo anatomicamente impossibilitate a violentare un uomo (in realtà alcune donne sono riuscite nell’impresa ma con metodi così articolati da scoraggiarne la maggior parte),  non potranno essere accusate falsamente.  Per un uomo è vero il contrario: non può veramente empatizzare con una donna – perchè non lo è – ma potrà invece empatizzare con un uomo falsamente accusato.

Un elemento di naturale correzione, in questo caso, permette di riequilibrare i pesi di empatia perchè una donna, alla quale si è legati da rapporti affettivi, può essere violentata; le donne possono empatizzare con uomini, ai quali sono legate, che sono stati o possono essere falsamente accusati. E’ il caso delle nuove compagne che vivono il dramma delle false denunce a carico dei loro uomini e, in una discreta percentuale dei casi, anche a carico loro e, magari, anche a carico dei loro figli. Un magistrato (il PM Carmen Pugliese) ha posizionato le false denunce intorno all’80% del totale (in realtà, considerando le assoluzioni, puntiamo oltre il 90%). Di recente, una donna Procuratore statunitense, dopo aver promosso per anni un sistema inquisitorio senza alcun diritto di difesa si è improvvisamente ricreduta quando suo figlio (maschio) è stato falsamente accusato ed ha rischiato di essere stritolato da quello stesso sistema che ella aveva contribuito a creare.

In questo caso particolare si crea un conflitto tra chi empatizza o solo con la vittima o solo con l’innocente falsamente accusato e chi con entrambi.  I primi cercano di schiacciare agli estremi la discussione, negando che esistano false accuse o vere violenze, utilizzando una strategia comunicativa che chiamo crociatizzazione quando voglio mettere l’accento sulla componente emotiva o polarizzazione quando voglio far credere di essere una persona colta (i paroloni in Italia pagano sempre).

In parole povere, “chiamare alla crociata” costringe a scegliere se stare da una parte o dall’altra, rinunciando a posizioni dialoganti. In questo tipo di strategia gli estremi sono, di fatto, alleati e operano avendo, come scopo principale, quello di evitare che gli elementi moderati (nel senso che sono disposti a empatizzare anche con le ragioni dell’altro) dialoghino tra loro. Usare il gruppo-pensiero di cui ho parlato in questo articolo (http://www.sublimia.it/Psicologia/gruppo-pensiero.html) aiuta a realizzare  lo scopo e, come ho già detto, alimentare la rabbia o gli interessi economici uccide l’empatia e quindi aiuta ulteriormente a polarizzare.

La polarizzazione serve a ottenere vantaggi di schieramento per non risolvere i problemi; infatti, una legge come quella contro lo stalking (a parte il fatto che è stata fatta talmente male che persino io avrei fatto di meglio), non funziona perché, se un magistrato dice che l’80% delle denunce in fase di separazione sono false (l’80% significa che su 100 denunce 80 servono ad ottenere vantaggi strumentali, e la PM si è tenuta bassa), in un  paese serio ci si mobiliterebbe se non altro perché se mandi le forze di polizia e i magistrati a “cogliere margherite”, poi, come cavolo pensi che possano essere efficaci nel 20% dei casi veri? E’ evidente che, sostenere acriticamente la non esistenza delle false accuse, implica automaticamente che non puoi avere la forza operativa per lavorare efficacemente su quelle vere.

Pensiamo ad una tecnica abbastanza usata nelle separazioni conflittuali: il genitore (in genere il padre) telefona, il genitore alienante risponde e dice: “il bambino ora è in bagno richiama tra dieci minuti“; il padre richiama e lei dice: “il bambino ora sta facendo i compiti richiama tra dieci minuti“, e così via; dopo un certo numero di telefonate scatta la denuncia di stalking. I tabulati indicano le molte chiamate ma nessuno ovviamente può verificare cosa si è detto.
Mi volete far credere che sia una libera iniziativa del genitore alienante e non un suggerimento di qualche “professionista” ?
Mi volete far credere che non c’è una responsabilità del sistema che alimenta il conflitto invece di sanarlo?
Ok, ci credo! Datemi solo un minuto per scendere dal pero…

E’ il caso di usare il termine femminicidio?

Dipende da quale scopo si vuole perseguire. Femminicidio è un termine adatto alla crociatizzazione. Se si parlasse di omicidi in famiglia io potrei essere ucciso da mia moglie (sono ragionevolmente convinto non voglia farlo, però, in linea puramente teorica la possibilità esiste), ma non potrei essere femmicidiato. Lei, al contrario, potrebbe (sempre in linea teorica) essere femmicidiata da me ma non potrebbe femmicidiarmi visto che posso garantire di non essere femmina (…fidatevi e non fate le solite battute. Birbantell*! ).

Quindi inconsapevolmente registrerò  il fatto che io posso essere solo colpevole e lei può essere solo vittima. Il sentire collettivo (una specie di “sommatoria” [nota4] di ciò di cui ognuno è intimamente convinto) maschile è che si è solo colpevoli mentre quello femminile è che si è solo vittime.

Che Volpi!

Quando si parla di prevenzione si chiede di fare più cultura, ma la cultura è una cosa che ha a che fare con la razionalità mentre, come ho detto, occorre un atto empatico. Fare cultura, al massimo, può aiutare ma empatizzare è un atto libero che non può essere imposto, anzi, imporlo crea l’effetto opposto ed è un atto che richiede anche reciprocità; può liberamente fluire se ci si riconosce nel dolore dell’altro e soprattutto se si riconosce il dolore dell’altro.
Se un uomo è solo colpevole non potrà empatizzare veramente con una donna, mentre una donna, essendo cristallizzata nel ruolo di vittima, non potrà veramente empatizzare con l’uomo.
Poiché non è vero che in famiglia uccidono solo gli uomini (anche le donne si danno un bel da fare) questo crea degli effetti paradossali.
Nel 2012 ci sono stati omicidi raccapriccianti di uomini agiti delle loro mogli. Alcuni si sono presi la briga di mettere in un elenco le aggressioni femminili del 2012 (nota 3) ed è impietoso anche se, per la minore forza fisica, il convivente viene spesso solo gravemente ferito riuscendo a sopravvivere, sia pure malmesso.

Attenzione!

Siamo alla profezia che si auto avvera (in questo modo gli psicologi indicano il fatto che una persona ponga le condizioni affinché ciò che teme si avveri, ad esempio: se penso che le donne siano interessate solo ai soldi punterò a conquistarle sfoggiando macchine costose e status symbol che attireranno solo donne interessate ai soldi lasciando, tiepide le altre, e questo rafforzerà la convinzione di partenza).
La consapevolezza che l’empatia richiesta non sia reciproca porta a due conseguenze: in un caso c’è un rifiuto di empatizzare con chi non empatizza ma la cosa peggiore avviene quando, a livello razionale, si mostra una empatia forzata e si chiede a sé stessi di empatizzare ma la consapevolezza dell’asimmetria si radica nel profondo dove diventa sempre più forte fino ad esplodere.
In pratica, in Italia, non esiste un odio verso le donne (chi uccide non uccide una donna “a caso” ma uccide quella donna per motivi discutibili ma concreti) però la campagna per combattere l’odio contro le donne prima creerà e poi farà aumentare l’odio contro le donne.
Praticamente il femminicidio genererà sé stesso.

I numeri contano

Mia nonna prendeva in giro mio nonno perché una volta che era divenuto troppo vecchio per coltivare i campi passava il tempo a leggere giornali e aveva messo cancelli ovunque. Mia madre ricordava la sua infanzia in campagna come un periodo felice e anche io ricordo con grande nostalgia quel gruppo di bambini che in estate (io vivevo in città e andavo dai nonni solo quando le scuole erano chiuse), scorrazzavano tranquillamente in lungo e in largo. Nessuno si sentiva veramente in  pericolo perché di fatto non succedeva nulla. A quei tempi la televisione non l’avevano tutti, ad essere onesto neppure l’acqua corrente. Come la televisione arrivava a casa di qualcuno, cominciavano ad arrivare anche filo spinato e  cancelli.

Per il principio della savana, teorizzato dagli psicologi evoluzionisti, l’essere umano non è veramente in grado di distinguere tra l’ambiente in cui si è evoluto (la foresta e la savana) dall’ambiente moderno. Ad esempio, possiamo avere un enorme numero di amici virtuali ma possiamo gestire veramente solo circa 150-300 amici perché il nostro cervello si è evoluto in un piccolo villaggio.
Il principio della savana ci dice che il nostro cervello non è in grado di distinguere quello che ci viene detto dalla vicina, circa un evento accaduto dietro l’angolo, da quello che ci dice la tv, circa un evento accaduto in un altro continente. In pratica, un omicidio sulla Luna genera in noi lo stesso allarme e la stessa ansia di un omicidio accaduto sotto casa.
Se guardiamo ai dati del sito che da anni conta le vittime donne di omicidi (http://bollettino-di-guerra.noblogs.org/) dall’inizio dell’anno ad oggi sono 29 le donne uccise per motivi legati al rapporto di coppia (è contato anche un omicidio in una coppia lesbica dove la compagna ha ucciso la conviente). Facendo una proiezione partendo da questi dati, per tutto il 2013 possiamo aspettarci circa 70 omicidi di donne che, su 60 milioni di abitanti, rappresenta un numero molto basso (il numero di donne che in Italia muoiono per parto non è molto diverso, vedi nota 5). Il sito che raccoglie i dati delle violenze fatte dalle donne è questo http://violenza-donne.blogspot.it.

Consultando entrambi i siti, la prima impressione che ricava una persona dotata di un minimo di buona fede è che si tratta di pochi episodi (per un Paese grande come il nostro) tra ferimenti di una certa gravità e omicidi, e questo è un sollievo per il nostro Stato. Nessuno lo dice mai ma, in dieci anni, abbiamo dimezzato il numero di omicidi per anno, nonostante potessimo contare sul fattivo apporto di ben tre tra le più pericolose organizzazioni criminali mondiali.  In percentuale il tasso di omicidi ogni centomila abitanti è migliore di quello della Svezia, sia per omicidi in generale che per omicidi di donne.

Molto probabilmente, a fine anno, scopriremo che il numero di donne uccise si è ridotto percentualmente di parecchio rispetto agli anni passati mentre, purtroppo, il problema che sembra in crescita preoccupante, è rappresentato dai suicidi (ma su questi i dati che abbiamo sono pochi).

Dove si va a parare?

l motivi per cui si è scelto femminicidio come parola d’ordine sono secondo me molti e variegati ed affondano in diverse culture dalla religiosa alla misandrica ma l’articolo è già lunghissimo, percui preferisco analizzare un altro aspetto.

C’è una tendenza dissennata  in atto: si cerca di veicolare l’idea della coppia come un posto invivibile dove, dalla persona che ami, ti devi aspettare le peggio cose. Abbiamo visto che numeri, ridottissimi, di omicidi in famiglia vengono presentati come una strage continua percui tutte le donne devono temere un omicidio. In caso di separazione, sta passando il messaggio che tutti gli uomini saranno buttati fuori dalla loro casa, non potranno più vedere i bambini e dovranno mantenere la ex e il suo amante mentre questa sorte toccherà si e no ad un 5-10% di uomini perché – posso garantirlo – esistono, è vero, donne che fanno cose terribili, ma ho conosciuto personalmente donne che sono scappate dallo studio dell’avvocato che voleva far loro dichiarare cose ignobili.

Hanno fatto una ricerca sulla violenza con parametri così larghi da equiparare “una critica ad un vestito” ad una violenza grave.  Alcuni ricercatori hanno sanato le lacune di quella ricerca usando gli stessi parametri, o similari, per analizzare i dati  della violenza fatta dalle donne sugli uomini e, ovviamente, sono uscite fuori cifre enormi (se usi parametri larghi avrai cifre larghe a parte il fatto che è proprio il sistema usato a non essere valido in questo tipo di ricerche come ho spiegato in questo articolo http://www.sublimia.it/Psicologia/sondaggi.html).

Tutto questo è insensato: in una coppia bisogna anche potersi scambiare delle critiche ed è assurdo ritenere che i litigi siano tutti un segno di violenza perché una coppia che non litiga mai non è una coppia sana. L’idea dell’esclusiva è un fondamento della coppia e un certo grado di gelosia ci sarà sempre perché l’alternativa sarebbe la trombamicizia. Se uno vuole rapporti molto larghi è liberissimo di farlo ma la coppia e un minimo di gelosia sono strettamente legati.

Ci sono uno sparuto numero di casi dove si eccede, per motivi di varia natura, ed è bene occuparsi di quelli ma voler promuovere un’idea della coppia con l’avvocato sotto il letto (non come amante, si spera) e le telecamere ovunque per potersi difendere da eventuali accuse strumentali è follia. La nostra società è già adesso è molto atomizzata, addirittura l’amicizia è ormai virtuale e se un “amico”  muore neppure lo vieni a sapere e in questo contesto anche la coppia risente di questo continuo superficializzarsi dei rapporti, incentivare questa tendenza non credo porti bene a nessuno.

Cosa fare?

Innanzitutto una seria catalogazione. La biologia ha potuto fare un enorme balzo in avanti quando Linneo iniziò a catalogare tutti gli animali dividendoli in gruppi omogenei dando loro un nome generico e un nome di specie.

Capire bene un fenomeno è essenziale. I due siti che ho citato prima stanno facendo un lavoro comunque utile anche perché stanno sempre più affinando la classificazione, soprattutto il sito femminista che ha mostrato grande onestà intellettuale nel fare tesoro delle critiche passando dalla conta di tutte le donne uccise che poi venivano arbitrariamente attribuite a ipotetici partner a criteri più seri a partire dal 2013.
Il problema però è che molte informazioni indispensabili non possono averle perché non fanno altro che raccogliere notizie di stampa già di loro raramente corredate di info veramente utili.
Per me è indispensabile sapere che tipo di medicine prendesse l’omicida in quanto ci sono farmaci che danno allucinazioni e sdoppiamento di personalità. Questa informazione ci potrebbe aiutare a gestire meglio la somministrazione di farmaci dagli effetti collaterali pericolosi.
E’ indispensabile estrapolare dal computo i casi di omicidio di partner gravemente malati perché rientra nel campo di una ovviamente errata percezione della pietà che sfocia nell’eutanasia attiva.
La gelosia improvvisa e senza motivo in persone anziane può essere un sintomo di demenza senile che va affrontata per tempo con uno specialista invece di considerarla un sintomo di possessività.
E’ importante conoscere eventuali lesioni cerebrali dovute ad esempio a tumori o ad altre cause, è importante conoscere eventuali patologie psichiatriche perché ho una brutta notizia da darvi: la malattia mentale esiste.
Insomma dei professionisti seri dovrebbero individuare dei criteri utili con cui catalogare gli omicidi per studiare il problema nel modo giusto.

Gli informatici usano un metodo eccezionale: prendono un problema complesso e potenzialmente irrisolvibile e lo scompongono in tanti piccoli problemi che affrontano separatamente.  I politici purtroppo tendono a fare l’inverso,  prendono tanti piccoli problemi non correlati se non in maniera superficiale e che sarebbe più comodo affrontare separatamente e li mettono in un unico calderone trasformandoli in un grande problema complesso di difficile soluzione.

Ne basta solo uno

Quando si fa notare che i numeri sono troppo bassi per parlare di emergenza, viene ribattuto che basta solo una donna uccisa per giustificare l’allarme. Mi domando come mai non facciano lo stesso discorso per gli uomini, visto che nel 2012 ne sono stati uccisi 17 dalla partner, ma preferisco concentrarmi su un altro aspetto.

Tutti noi vorremmo un mondo perfetto dove avvocati e magistrati fossero disoccupati (forse avvocati e magistrati temo non sarebbero d’accordo), però non è realistico. Gli omicidi ci saranno sempre, noi possiamo cercare di limitare il problema ma eliminarlo è poco realistico.
I numeri ci dicono però se stiamo sulla strada giusta o meno.

Come ho già detto abbiamo dimezzato gli omicidi in 10 anni e anche quelli di donne sono in riduzione. La tendenza è riscontrabile in tutti i paesi industrializzati (Steven Pinker nel suo libro “il declino della violenza” ha dimostrato la cosa). Stiamo mietendo risultati ottimi senza fare nulla (sarà vero che non stiamo facendo nulla?)

Si parla spesso di assumere iniziative fatte da altri paesi che però, guarda caso, hanno un tasso di omicidi di donne superiori al nostro.  Insomma i numeri contano eccome perché danno una visione della tendenza in atto e perché ti fanno capire subito che ciò che fanno altri paesi va analizzato con un po’ di discernimento. Con questo non voglio dire che le loro ricette siano inefficaci, per carità!
Almeno, per come ce le presenta la stampa, io credo che alcune di queste siano efficaci se lo scopo è creare un serial killer.

In conclusione

Attenzione a non evocare un fenomeno che, come ho spiegato, genererà sé stesso. Sfuggite come la peste i termini polarizzanti perché non avete alcun interesse ad ottenere vantaggi di schieramento e vi trovereste cristallizzate in una sterile contrapposizione. Perseguire una nuova alleanza tra uomini e donne è cosa buona e giusta ma vi conviene puntate sull’empatia e non sulla razionalità.


Ulteriori informazioni utili

L’uomo picchiato, vittima dimenticata della violenza coniugale – Dott.ssa Bernabeo Maria
http://www.psicologiagiuridica.net/separazione-coniugale/uomo-picchiato-violenza-coniugale/

Femminicidio, i numeri sono tutti sbagliati – dott. Fabrizio Tonello
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05/11/femminicidio-numeri-sono-tutti-sbagliati/590171/

Come i media alterano la percezione della violenza maschile e di quella femminile
http://abbattoimuri.wordpress.com/2012/12/23/quel-che-non-e-femminicidio/

Nota1
Sarebbe più corretto parlare di media pesata e comunque va vista come una approssimazione, il metodo quantitativo più vicino a meglio rappresentare quanto avviene  anche se non si può usare in questo caso una funzione matematica, per sua natura esatta, in cose come l’empatia che sfugge ai bilancini, almeno per le nostre conoscenze attuali.

Nota2
Il termine empatizzare significa provare la stessa sofferenza della persona che sto osservando soffrire pur essendo io non coinvolto direttamente, in pratica se vedo una persona piangere sento la sua stessa pena perchè il mio cervello prova la sua stessa emozione

Nota 3
http://violenza-donne.blogspot.it/search/label/ultimenotizie?max-results=200

Nota 4
sarebbe forse più indicato il minimo comune multiplo ma non prendete alla lettera le funzioni matematiche che cito, si tratta di approssimazioni per far comprendere il concetto non di formule.

Nota 5
Il tasso di mortalità per parto in Italia è stato fissato da uno studio del 2010 dell’Istituto Superiore di Sanità a 11.9 donne ogni 100.000 nati. Il dato è controverso perché le altre ricerche lo ponevano a 3 ogni centomila parti (ottimo come dato, l’Italia sarebbe il paese più sicuro al mondo), mentre lo studio citato considerava anche le morti sopraggiunte entro 42 giorni dal parto e non solo quelle al momento del parto. Interessante è notare che ci siano ancora dei margini di miglioramento (sempre considerando le morti entro 42 giorni),  in 6 regioni il tasso è 6 morti ogni 100.000 parti mentre in sicilia è 22.
(Focus 217)

Alice nel paese del genoma – Io voi o il peperoncino?

2 novembre 2012 di

Un giorno un uomo, in una terra occupata dal nemico, ha detto: Io sono la Verità. Ha detto anche che le donne dovevano essere libere di portare i capelli sciolti e che i bambini erano i primi, perché puri. Ha dato il più importante compito dopo la sua morte a una donna, e cioè di annunciare la sua Resurrezione. Ha anche detto che gli ultimi dovevano essere protetti, e rimproverato i sacerdoti della sua terra per il loro potere di materia. Un giorno quell’uomo ha preso a calci i mercanti fuori dal Tempio.

Prima ancora un altro uomo lo aveva riconosciuto e battezzato. Quell’uomo era l’ambasciatore di Dio: aveva girato, preparato il popolo all’arrivo dell’uomo che avrebbe parlato di Verità, Libertà e Giustizia. Una rivoluzione per quell’epoca, ne parliamo ancora oggi e sempre. Quella terra che è la Palestina, è ancora occupata oggi, ma non per sempre.

Un giorno un uomo ha detto: chi non lotta ha perduto.

Un giorno un uomo ha detto: il potere è globale. Di giorno ci rendono la vita un inferno, ma la notte è nostra.

In sintesi i miei punti di riferimento base, ne manca solo uno. Mi è stato “ordinato” di non descrivere i miei punti di riferimento e io lo faccio. Oltretutto mi sembra necessario per aiutare a capire. Sono più di dieci anni che lotto attivamente, come scelta volontaria, per difendere i bambini. Ma prima ho studiato e continuo a farlo. Sono entrata in Italia dei Valori dopo accurata analisi politica, per stimolare leggi a favore dell’infanzia e della famiglia. Era l’unico partito non intaccato dal sistema nel settore di cui mi occupo. Anche se a un certo punto si è aperta una breccia. Sono entrati i vandali e qualcuno gli ha aperto la porta. Mentre questi proseguivano prepotenti e incauti, io osservavo (e osservo) i movimenti di quelli che hanno aperto la porta. Hanno cercato di bloccare in tutti i modi le mie azioni e di isolarmi, ricordate il branco di iene? Ma quello è un frammento di qualcosa altro di molto più complesso. Ho cercato più volte di spiegare ai lettori inferociti per le posizioni di alcuni di IdV, che un partito è qualcosa di complesso. Oggi grazie a tutto il can can che ci riguarda, posso spiegare meglio a cosa mi riferivo.

Mentre insieme alle persone per bene del mio partito e nella mia regione, preparavamo mozioni che poi sono state approvate nel Comune di Trieste, per aumentare gli asili nido aziendali, fare entrare anche i bambini stranieri al nido, progettare e realizzare condomini per mamme e papà separati, alcuni si muovevano nell’ombra per impedirmi di andare a parlare al famoso convegno di Grado delle donne, vera pietra dello scandalo. Il perché basta andarselo a cercare in rete che è un fiume di informazioni. Siccome di nascosto non ci sono riusciti perché gli interlocutori facevano orecchie da mercante, si sono dovuti palesare ed è uscito quel documento in rete di censura a mio danno, da parte del coordinamento donneidvtoscana. Lo stesso coordinamento che in seguito se ne è uscito con quel palese falso sulla mia intervista a Unimondo.org. Non bisogna dimenticare questo quando si prepareranno le liste elettorali e di certo gli elettori se lo ricordano. E mica perché lo hanno fatto con me, ma perché potrebbero farlo con chiunque. E siccome da sole non ce la facevano, come hanno creduto all’inizio, hanno chiesto aiuto a un “onorevole” che è accorso in aiuto delle povere vittime con sistema da santa inquisizione, e mi ha ripreso per la mia posizione fuori dai ranghi e poco professionale come dirigente. Detto da uno che si presenta quasi completamente nudo sulla sua pagina facebook e che per evidenti motivi, non conosce il significato della parola onorevole, ti fa pensare.

Indigeste per loro la mia posizione sul condiviso e le adozioni gay. Non mi hanno mai contrastato con elementi tecnici ma con ciance, manipolazioni e nascosto. E questi dovrebbero rappresentarmi? Ma la ciliegina sulla torta l’hanno messa sul Convegno Nazionale per la banca dati dei pedofili, che è stato ostacolato dall’inizio in un modo veramente speciale da gran professionisti. Il che nel mio sistema di valori non è certo un vantaggio. Tipo:  “ti faccio credere una cosa che non è”. Noi siamo andati avanti nella preparazione e a un mese dal Convegno è scoppiato il bubbone perché hanno capito che noi facevamo sul serio. Sono partite le intimidazioni: molti uomini hanno preso paura, le donne si sono arrabbiate. Ci siamo sentiti dire che  “avvicinare il nome del Presidente Di Pietro alla nostra iniziativa/locandina era lesivo della sua immagine e di conseguenza del partito”. Un convegno che finalmente parla di chi sono i pedofili e come iniziare a attrezzarsi contro la pedofilia? Dovrò chiedere al Presidente cosa ne pensa prima o poi.

Si tratta della stessa persona che  all’esecutivo di Vasto ha ben pensato che le coordinatrici donne non dovessero partecipare per la prima volta in anni.

Ovviamente il Convegno noi lo facciamo e sarà la prima volta in Italia che si parla di una banca dati dei pedofili italiana e di un pool anticrimine specializzato. Ci saranno i migliori tecnici della materia in Italia e il senatore Luigi Li Gotti che è uomo di grande esperienza in materia, il migliore in Italia contro la pedofilia tra tutti i politici e non solo. Va da sé che tutto verrà a galla. Anche le loro future violenze che sono di sistema dentro IdV.

Chi ha paura di Antonio Di Pietro e Beppe Grillo?

L’accoppiata, se ben giocata, promette benissimo.

Dott. Valentina Peloso Morana

Italia dei Valori Friuli Venezia Giulia

da Femminismo a Sud FikaSicula is dead

Questa mattina, come ormai di consueto, noi di MFPG andiamo a leggere il blog di Femminismo a Sud. Immediatamente rimaniamo colpite dall’articolo che leggiamo che ci coglie impreparate e che ci lascia esterrefatte. Lo riportiamo qui di seguito.

Chi volesse può leggere il loro blog qui

Ed ecco l’articolo citato

FikaSicula is dead

[Cogliete l’occasione per dare un’ultima occhiata anche alla mia tetta. Ogni taliata un euro da mandare ad autistici che oggi ha riaggiustato il server. Grazie.]

Io leggo questo  e questo e mi rendo conto di stare in un altro pianeta. Penso al femminismo queer, alle lotte di genere, alla precarietà, alle sovversioni mediatiche e comunicative, alle lotte di intere generazioni di tutti i sessi, allo stato/nazione che esiste solo per la repressione e non esiste più per le merci, al fatto che da prima di Genova, il g8, si parla di pensare globale e calare le lotte sul locale e mille altre questioni impellenti e imminenti che mi/ci interessano.

Poi penso all’Italia e vedo un branco di persone che dice di difendere i diritti delle donne chetallonano una donna in modalità da crociata per farle correggere “registro” del suo blog. Penso agli obiettivi del femminismo italiano o quanto meno di alcuni femminismi o presunti tali che gravitano in Italia:

– chiudere una pagina facebook in cui si parla di padri separati (questo è un obiettivo primario per alcune).

– eliminare la Pas dalla faccia della terra (e siamo noi ad aver inserito l’argomento in circolo salvo trattarlo in senso antiautoritario come mille altre questioni, perchè sganciato dal resto è solo un nuovo elemento utile per demonizzare vite, gente, persone). Eliminarla salvo ricorrere a metodi autoritari e censure e pesante persecuzione delle persone che non usano un lessico di un certo tipo e problematizzano questa cosa invece che archiviarla come si trattasse di articoli ricorrenti in uso ai mostri.

– rincorrere il 50/50 di uno Stato che non conta un cazzo, di un governo che non conta un cazzo, di un paese, l’italia, che non conta un cazzo, nello scacchiere della politica internazionale. Mentre siamo totalmente succubi, in ipocrite e finte parvenze di democrazia e sovranità territoriale, delle decisioni che vengono prese altrove, nelle banche, multinazionali, fmi, g8, bce. Qualcuno lo dica alla Terragni, per favore, che chiacchierare con la santanchè e bruciarsi l’ultimo pezzo di utenza che le è rimasta non vale la pena. A lei che chiede il bipartisanismo in nome della fika perché noi che ce l’abbiamo siamo tanto brave. Infatti la Fornero è braverrima, si sa, e tutte quante non vediamo l’ora di vederla e di dirglielo. Di persona.

– inserire in classifica il termine femminicidio nel devoto-oli o nello zingarelli oltreché nel frasario di calciatori fascisti anche se nessuno di loro sa che significa. Qualcuna, le autoritarie, vogliono farlo diventare un’aggravante per punire i morti. perchè la maggior parte dei femminicidi finiscono con il suicidio del colpevole. dunque avremo un’aggravante per punire i cadaveri il che vuol dire che li seppelliremo aggravando il peso della lapide sulla quale scriveremo Tiè.

– rompere le ovaie a noi per la nostra “non-linea”, sul fatto che ciascun@ di noi, vedi tu che insolita libertà, può scrivere sullo stesso blog il cazzo che le/gli pare. romperci le ovaie in ogni dove. sul blog, su facebook, in qualunque posto.

– riesumare le “storiche” per accreditare teorie femministe vecchie quanto il cucco e convincere tutte che l’obiettivo massimo da portare avanti sia la “rappresentanza” e sia quello di coprire i culi delle modelle anche se le modelle se ne fottono di mostrare il culo.

E nel frattempo le migranti vanno a morire, in ogni posto entro i confini della civile europa a cui talune si beano di appartenere. E nel frattempo di lavoro non ce n’è e l’economia è fatta per privilegiati in barba alla gente come noi. E nel frattempo succede il finimondo in ogni nazione e in ogni Stato e noi siamo qui a essere costrette a dibattere sulle politiche di condominio di un femminismo provinciale che filtra pure le pubblicazioni straniere che dobbiamo andare a recuperare altrove. E per fortuna che conosciamo le altre lingue perché altrimenti sai che tristezza andare in libreria a leggere le stronzate di Se Non Ora Quando e i libri in cui si parla sempre delle stesse cose. Con qualche eccezione che sentiamo il bisogno di citare di tanto in tanto.

E nel frattempo i fascisti in ogni campo recuperano terreno e non di nome e nei corpi ma nella cultura e nei metodi perchè fasciste sono anche tante donne che moralizzano, fanno le ronde reali e virtuali, e poi vengono a dire a noi cos’è femminismo e cosa non lo è.

E nel frattempo le destre e gli autoritarismi permeano ogni angolo sulla faccia della terra e noi siamo ancora qui a essere obbligate a spiegare perché delle primarie non ci piace niente e perchè votare per un governo che non governa nulla non serve a niente e perché le persone che fanno scelte contro le donne poi non possono chiedere il voto alle donne così come le persone che assumono decisioni contro tutta la gente che lotta ogni giorno, i movimenti, chi esige e rivendica diritti, non possono venirci a chiedere nulla. proprio niente.

Se il femminismo italiano è questo io sono antisessista e antifascista e antirazzista e antispecista e antiautoritarista e me ne sbatto di chiamarmi femminista.

Se a questo ci siamo ridotte: a dover litigare, e spiegare, e rispondere a interrogatori idioti ogni due minuti per avere la libertà di esprimere una opinione allora bisogna anche ripensare i metodi di confronto tra questi presunti femminismi. Si torna alle assemblee reali, magari, ché ce lo dicano in faccia che l’unico modo in cui si può parlare delle questioni è quello di rispolverare metodi medioevali e forconi con tanta voglia di linciaggio forcaiolo che c’è da ogni parte.

I movimenti in generale, non solo il femminismo, sono alla deriva se perfino quelli di anonymous, che dovrebbero avere ereditato un po’ di etica hacker, non fanno che esaltare il proprio ruolo di giustizieri del web consegnando all’attenzione del pubblico gli indirizzi e i nomi e i cognomi di gente che magari non è d’accordo. Ché poi, mi chiedo, ripensando agli scoop su silkroad, che gli hacker fossero così inclini a cercare la gente per consegnarla ai militari a me è del tutto nuova ma tant’è. generazioni differenti e diversi metodi e su questa cosa prima o poi bisogna un po’ rifletterci.

Ma a parte questo è diventato tutto un grillismo e grillare e fare dell’indignazione la sostanza politica delle cose, senza approfondimenti, senza ricerche, senza voglia vera di andare oltre e di produrre proposta culturale e politica, senza la voglia di ascoltare, mentre ti strillano se solo osi dire “ma” o se non usi il tono urlato che a me viene da usare adesso perchè ne ho abbastanza, ed è un susseguirsi di narcisismi in cui o con me o contro di me e addio alla pluralità e alla democrazia perché ogni cosa diventa una ideologia. Finanche la lotta contro la violenza sulle donne e questo un po’ mi spiazza. Mi spiazza pensare che non c’è libertà per la dialettica interna, che non ci si può confrontare tra diversi modi di pensare, che esistano dei mostri comunicativi liberati che producono scandali televisivi al servizio di programmi trash della tv. Mi spiazza e devo chiedermi quanto anch’io ne sono responsabile, e me lo sono chiesto, se ho contribuito a creare questa merda di clima culturale cristallizzato, asfittico, colmo di dogmatismi, volto verso pericolose derive autoritarie e dopo che me lo sono chiesto poi impiccarmi, magari, giacché pare non sia lecito ripensarsi e rimettersi in discussione in un discorso pubblico, intellettualmente onesto, senza incorrere nell’ira di fan che sentono tradito l’obiettivo unico che li animava e le faceva esistere. Fan che pensano che un luogo di ricerca collettivo costantemente in progress, così è da anni, come Femminismo a Sud sia diventato un reality in cui a loro basta dire che sei “nominat@” e dovresti morire seduta stante. Fan che all’obiettivo del femminismo da condominio (virtuale) accreditato aggiungono:

– cagare il cazzo costantemente e abbattere la pagina facebook di femminsmo a sud esattamente come facciamo con quell’altra pagina dei soggetti di cui sopra.

E c’è bisogno in modo assurdo di icone da canonizzare e distruggere ed è così che un nick come il nostro, che è e resta collettivo, per quello che mi riguarda, a me che ora lo uso, torna scomodissimo perché è diventato il catalizzatore di tanto odio e amore e se prima era utile affinché aiutasse a liberare le idee perché non ci si concentrasse sul nome, i titoli accademici e le persone che le diffondevano, oggi è diventato una trappola, una prigione entro cui le idee muoiono e vengono considerate solo in rapporto a chi scrive e non in rapporto a cosa si scrive. Pensate a quale livello di delirio siamo arrivati se un nick come FikaSicula è diventato per certune/i questo.

Dunque bisogna che FikaSicula muoia e muoia senza alcuna esitazione. Muore FikaSicula e si liberano le idee perché FikaSicula si è rotta le ovaie di fare da catalizzatore di tutta la merda del web e perché chi sa qualcosa di mediattivismo tanto quanto ne so io sputerebbe su un nick così come su hegel quando il nick diventa rappresentativo di una qualunque “autorità”. FikaSicula non è. Non è mai stata. Non ha in mano le sorti del mondo, i destini dell’umanità e tutto quello che vuole è continuare a esprimere le sue idee. Ovunque.

FikaSicula is dead. Lunga vita al collettivo FaS.

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Posted in AntiAutoritarismiComunicazioneCorpiCritica femministaR-esistenze.

9 comments

By fikasicula – ottobre 30, 2012

Qui di seguito riporto alcuni commenti che sono stati scritti in seguito alla pubblicazione nel nostro gruppo Facebook del link dell’articolo…

  • Fabrizio Marchi una posizione davvero coraggiosa…anche se, ne ero convinto da tempo, si sarebbe resa prima o poi inevitabile, data l’evoluzione del suo pensiero (e della sua prassi). E’ stato prima e non poi, e questo rende la sua scelta ancora più coraggiosa… Da parte mia porte aperte, come si suol dire…
  • Spartacus Stark Io sono molto piu’ terra terra e sinceramente il suo articolo sembra essere dalla parte della giustizia a prescindere dal sesso o sbaglio?
  • Laura Besana Bravo Spartacus Stark il suo articolo è contro la prevaricazione e la violenza che si subisce
  • Spartacus Stark Azz è molto brava a scrivere…
  • Arianna Brambilla Veramente!
  • Laura Besana Quello che descrive Fikasicula è una violenza in piena regola, la stessa violenza che noi Donne di MFPG abbiamo subito da aprile in poi per mano prima di quattro comari inacidite, in gruppi dai quali siamo state bannate e così pure su un gruppo i cui amministratori ogni tanto vengono qui a deliziarci coi loro inutili sermoni su quanto sono bravi loro a fare questo o quello. La stessa violenza che subiamo mediaticamente perchè schierate contro un femminismo che vuole le donne deboli e quindi bisognose di sostentamento, ma allo stesso tempo padrone del prodotto dei loro uteri, pronte a brandirli come simulacro di santità…..Diciamo che siamo schifate per quello che abbiamo subito, e che non tollereremo oltre.
    • Arianna Brambilla senza parlare del copia incolla di post nostri, puntualmente dileggiati anche con accostamenti offensivi verso personaggi pubblici….. dimenticando che dalla rete NIENTE SPARISCE PER DAVVERO
    • Ettore Panella Beh! Il fatto che mostrare il seno sia stato considerato da fikasicula un atto di “disobbedienza civile” mi conferma che il femminismo è sempre più nelle mani dei moderni savonarola, complimenti sia per il gesto sia per il seno e con questo so di sfidare il bigottismo imperante. A me la gente che ama ragionare piace molto anche se non sono d’accordo, anzi trovo più interessante discutere proprio con chi ha idee che non condivido, c’è sempre qualcosa da imparare o un punto di vista diverso.

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„Il padre “rifiutato” dalla figlia davanti scuola: “Vi racconto il mio inferno“

Padre separato rifiutato da figlia scuola media Mestre

Il padre “rifiutato” dalla figlia davanti scuola: “Vi racconto il mio inferno”

Da luglio 2011 l’undicenne ha troncato ogni rapporto con lui. L’avvocato Delmonte: “Manipolata dalla madre”. L’uomo, in affidamento congiunto: “Voglio darle il diritto di avere due genitori”

di Gabriele Vattolo – 19 ottobre 2012
L'avvocato Tomas Delmonte

L’avvocato Tomas Delmonte

Mestre come a Cittadella? Forse. Certo, la storia della bambina di undici anni che si è rifiutata di parlare con il padre martedì scorso fuori dalla scuola media Giulio Cesare, anche se non in punta di diritto, qualche assonanza sembra avercela. Al centro, però, rimane sempre una bambina, con i suoi diritti e i suoi bisogni. Per questo suo padre, che quella mattina ha avuto un alterco con una professoressa dell’istituto che non gli permetteva di parlare con la figlia, ha voluto spiegare come sono andati i fatti e l’inferno personale in cui è piombato da quando, da luglio 2011, la piccola non ha più voluto recuperare un rapporto con lui.

“Prima di tutto il mio assistito sente il dovere e non il diritto di essere genitore – spiega l’avvocato veronese Tomas Delmonte – Per questo si trovava davanti alla scuola. Per questo spesso si è ridotto a salutarla con la mano in lontananza”. Una storia complessa, come tutte le storie che hanno origine da una separazione. Papà e mamma della undicenne si separano sette anni fa. Consensualmente. Poi, in questi anni, nei confronti dell’uomo partono undici denunce, tra segnalazioni della scuola (di carattere amministrativo) e esposti della coniuge. Nove di queste vengono subito archiviate.

Nel 2006 arriva la prima denuncia, poi nel 2008 la richiesta della donna di togliere la potestà genitoriale al compagno. Passano due anni. Il tribunale dei minori rigetta il ricorso della madre, togliendo anche l’obbligo di pagare l’assegno di mantenimento al padre, in quanto, avendo l’affidamento condiviso, il 40% del tempo la piccola lo passa con lui. Nel 2010, poi, parte una segnalazione dei servizi sociali che, sulla scorta delle dichiarazioni della madre, avverte la Procura che qualcosa non andrebbe per il verso giusto. Si arriva al 2012, con la richiesta del tribunale dei minori di approfondire la situazione, attraverso anche degli incontri “congiunti” tra tutti e tre i soggetti in campo: madre, padre e figlia.

Nel mezzo, però, qualcosa è successo. La figlia da luglio 2011 non vuole più parlare con il padre. Il motivo? Mistero. Secondo l’avvocato Delmonte tutto è da ricondurre al tentativo “scientifico” della madre di tagliare ogni legame della bimba con lui. I servizi sociali quindi non possono far altro che “fotografare” la situazione e, a fine settembre, consegnare la propria relazione al tribunale.

“Io mi espongo non per me. Ma per mia figlia – spiega l’uomo – perché lei ha diritto di aver un padre e una madre. Con questo comportamento, invece, la mia ex compagna non le permette di aver un altro punto di riferimento”. Nessun “teatrino”, nessuna azione eclatante. E nemmeno nessuna denuncia: “Zero a zero vince il genitore affidatario (la madre, ndr) – spiega l’avvocato Delmonte – noi vogliamo invece che siano salvaguardati i diritti della bambina”.

Come? Dopo undici tra denunce e segnalazioni in cinque anni, dopo aver perso il rapporto che aveva con la figlia, il padre della undicenne ha depositato istanza di divorzio in tribunale. In modo da determinare un altro processo “parallelo” alternativo a quello già in piedi al tribunale dei minori. Con una peculiarità però: la sentenza del tribunale Civile è “più forte”. In questo modo il legale del padre depotenzia il procedimento attualmente in corso. La richiesta è di ottenere l’affidamento della figlia, anche se non esclusivo, e che la stessa venga ospitata per tre settimane in una casa famiglia con personale qualificato che permetta l’attuazione del cosiddetto “metodo Washak“, in cui si aiuta il bambino a recuperare un rapporto con il proprio genitore. Una pratica sperimentale in voga negli Stati Uniti.

Tra passaggi legali e rapporti dei servizi sociali, però, la protagonista della storia è sempre lei: una bimba di undici anni contesa. E un padre terrorizzato dall’idea di non vederla più.

Fonte mestre.veneziatoday

Diario di una psicologa disoccupata

Davvero interessante da leggere ……..

Dal Blog LISOLACHENONCE’

Prendo spunto da una riflessione fatta ieri sera ma pensata da alcuni mesi, per approfondire un certo tema.

Ieri notavo che su faceboock è pieno di vignette che prendono in giro Misseri.

Probabilmente sono vecchie vignette elaborate l’anno scorso…chissà…o forse elaborate da qualcuno che non cambia mai canale e non capita mai su “La vita in diretta”…trasmissione che a me non piace perchè la trovo un po’ troppo pettegola…Però è proprio li che ho visto Misseri qualche giorno fa.

Chi non lo vede da un po potrebbe stentare a riconoscerlo.

Io vedendolo sposso al Tg ho notato subito che l’allontanamento della moglie e della figlia hanno avuto su di lui degli effetti così miracolosi che confermano la mia ipotesi delle relazioni tossiche.

Misseri non è solo un po’ ingrassato: è disteso, rilassato, ringiovanito! Persino la sua espressione ha guadagnato intelligenza. Praticamente sembra un’altra persona! E’ totalmente diverso da quel contadinotto dall’aria idiota, che sembrava quasi sporco in viso.

Una cosa è certa, che fosse succube della moglie e della figlia questo si capiva benissimo, ma guardatelo ora! E’ disintossicato, si è ripreso la sua volontà e il suo diritto di essere entità pensante.

Al di là dei fatti di cronaca mi concentro solo su quello che vedo e su ciò che questo suscita in me.

Non dico che sia innocente, ma abbiamo visto tutti la scena in cui sua moglie gli ordina  di chiudere la porta e lui senza neanche pensarci “esegue l’ordine”.

E’ una sorta di ipnosi.

Dopo aver fatto il corso ho capito tante cose!

Toglietevi dalla mente il pendolino, e a me gli occhi, e Giucas casella, lasciatelo a casa sua.

L’ipnosi è un’altra cosa!

Possiamo ipnotizzarci a vicenda senza neanche accorgercene , semplicemente dialogando.

Figuriamoci col partner!

Probabilmente Misseri era caduto in un vortice ipnotico perenne e tossico che stava devastando il suo fisico e la sua mente.

E tolto dalla fonte tossica è praticamente rinato!

Come quando una pianta sta lentamente soccombendo per via delle erbacce e la si libera, e allora la pianta stende tutte le sue foglie che diventano quasi più larghe, si tendono verso il sole e la pianta diventa più verde.

Ovviamente questi processi ipnotici non vengono fatti apposta.

Succedono nel momento in cui una personalità tossica incontra una personalità un po’ più debole.

Scatta l’innamoramento e probabilmente ci si resta intrappolati, senza uscirne, senza risvegliarsi per scoprire ( come dico sempre ) che anche l’altro fa la cacca. Ed ecco che piano piano il corpo comincia a dare segni di cedimento per cercare di segnalare il pericolo!

Bisognerebbe davvero analizzare una foto di Misseri prima e dopo la moglie! Se ci prestate attenzione è lampante! Una sorta di miracolo…come se la sua mente e il suo corpo si fossero proprio liberati dalle tossine.

Alcune relazioni vengono definite disfunzionali, ma io credo che quando anche il corpo comincia a cambiare e a modificarsi, quando il sistema immunitario si abbassa e in concomitanza alla relazione appaiono anche disturbi di vario tipo…che possono degenerare anche in tumori…allora si possa parlare di relazione tossica.

Una relazione inquina il corpo e l’anima e di cui ci rendiamo conto quando grazie a dio la relazione finisce e allora notiamo subito che qualcosa cambia nel nostro corpo…e lentamente si trasforma in un corpo bellissimo!

Misseri ne è la prova. E non solo lui…

Dunque da questa riflessione parte il mio invito a tutti voi, state attenti e ascoltate bene cosa vi dice il vostro corpo e il vostro istinto. Dentro di noi ci sono sempre le risposte giuste. Ascoltandoci impareremo a seguirle. Se notate che succedono cose strane durante una relazione, come strani disturbi, e salute cagionevole, fatevi le analisi e meditate bene. Le relazioni tossiche a lungo andare ci uccidono prima dentro e poi fuori.

(…..) (continua a leggere questo Autore  qui)

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Lettera aperta alle Forze dell’Ordine

 

 

Buongiorno,

in merito ai fatti recentemente occorsi a Cittadella e la vicenda del minore portato via da scuola che, non del tutto imprevedibilmente, si stanno replicando in altri contesti e regioni, vorremmo esprimere il  nostro appoggio alle forze dell’Ordine.

Siamo consapevoli che siete chiamati ad un lavoro difficile, reso ancora più complicato dal fatto che svolgerlo significa anche essere mandati allo sbaraglio non come “uomini in divisa” ma   –   soprattutto –  come persone.

Persone dotate  di cuore e di convincimenti personali a proposito di questioni delicate, ma anche consapevoli e informati sulla complessità dei fatti e delle motivazioni che spingono ad un agire che può apparire eccessivo.

In effetti, il metodo è parso sproporzionato perché applicato ad un bambino.

Ma oltre a questo ci è arrivata anche la sensazione che siate stati lasciati soli ed impreparati davanti all’aggressività dei media e delle evidenti strumentalizzazioni di alcuni soggetti che, forse, con scaltro opportunismo, individuano nel vostro operato il capro espiatorio per non fare luce sulla questione delle separazioni conflittuali dei coniugi con figli. La legge attuale (54/2006) – benché migliorabile (DDL 957 ora in esame al Senato) – non è deprecabile: deprecabile invece è il fatto che venga puntualmente disattesa per “consuetudine”, per “prassi”, per “interpretazione”.

Il sistema è farraginoso, lento e pigro; impastoia il vostro operato e, soprattutto, ingabbia per anni la vita ed i sentimenti delle persone (adulti e bambini) perché non si è in grado – o, forse, non si vuole – adeguarsi alla società contemporanea e cominciare a considerare tutti PERSONE UGUALI, preferendo tutelare gli uni più degli altri in virtù di una logica obsoleta inquinata da pregiudizi sessisti.

Far rispettare la legge è necessario. Purtroppo qualcuno sta tentando di far passar il messaggio che esistono 2 tipi di legge: una ammissibile e una che non lo è perché contraria alle “abitudini” consolidate.

Da qui al reclamare leggi diverse a seconda del sesso, dell’etnia, dello stato sociale, della religione, delle abitudini alimentari… il passo è più breve di quanto non si pensi.

Le persone dovrebbero essere tutte uguali, vi dovrebbe essere la certezza del Diritto e della Pena, ma questo ormai sembra solo un retaggio risorgimentale.

Un retaggio ipocritamente sbandierato per festeggiare il 150° dell’Unità d’Italia, ma non per ricordare che tutti i cittadini (uomini, donne, madri e padri) sono, o meglio, dovrebbero stare, agli occhi della Giustizia, sullo stesso piano e ugualmente perseguibili, se sbagliano.

La Giustizia è rappresentata bendata Perché la Giustizia “vede” con gli occhi della Mente e non deve farsi   influenzare dalle apparenze.  A qualcuno invece piacerebbe   una Giustizia accecata,  e magari asservita ai media.

Chiediamo che, alle Forze dell’Ordine, siano forniti strumenti per agire con competenza e opportunità ed umanità e tutta la professionalità dovuta in casi come quello di Cittadella, ma anche che le Forze dell’Ordine non debbano pagare i costi di una giurisprudenza così arroccata in una torre d’avorio da sembrare di aver abdicato al suo primo dovere: la tutela del cittadino.

Alla resa dei conti cosa abbiamo?

Un bambino di 10 anni che per META’ della sua vita ha visto che una legge, una norma, una sentenza, quindi, una REGOLA può essere aggirata, ostacolata, contrastata.

Un bambino che  porterà con sè questa eredità: per applicare la Legge occorre la forza; per eluderla basta agire con furbizia, urlare, piangere e occupare i palinsesti televisivi.

Autorizziamo alla pubblicazione questa comunicazione o parte di questa, citandone la fonte

 

Resp. Relazioni col Parlamento: Massimo Rosselli del Turco

Resp. Comunicazione e Pubbliche Relazioni: Roberto Castelli

Presidente turnario Vittorio Vezzetti

Il coordinamento nazionale di associazioni che condividono i temi dei diritti fondamentali dell’infanzia e della genitorialità post separativa, nasce per l’espressa volontà di associazioni di genitori separati, attualmente troppo divise,  per affrontare i temi tipici della società negli ambiti di competenza con un approccio interassociativo rivolto alla coesione, proponendosi con uno sguardo d’insieme  all’interno del paese, ma anche aprendosi al dialogo al resto col resto dell’Europa e alle nazioni della sua community, con l’intento di produrre risultati condivisi e condivisibili, forieri di un auspicabile crescita sociale.

Testimoni e propositori allo stesso tempo di passi fondamentali rivolti nella direzione dell’evoluzione sociale del paese e dei suoi abitanti, sui temi che rappresentano il focus e la nostra mission: tutelare l’infanzia e ridare nuovo vigore e dignità alle relazioni primarie genitori-figli, ridefinendo e rileggendo tutti i valori in campo per offrire maggiore umanità e rispetto nei confronti delle famiglie che si separano con cura e rispetto di tutte le parti coinvolte.

Colibrì si propone di aprire un dialogo qualificato con le istituzioni e le realtà confederative europee, in considerazione del fatto che non ci si può più confrontare solamente con la propria classe politica viste le dimensioni estese del fenomeno separativo e le insufficienti risposte ed impegni dei singoli paesi europei.

A fronte di un problema decisamente comunitario, che in ambito nazionale non riceve risposte politicamente mature o  sensibili,  è doveroso aprirsi anche agli altri coordinamenti europei per proporre e condividere coi singoli paesi della Community  una “linea europeista” che possa divenire di riferimento per ciò che riguarda in maniera allargata “il tema della tutela del minore e della Bigenitorialità” e fare sì che il nostro continente divenga un luogo di condivisa sensibilità sui temi dell’ Infanzia lesa dal fenomeno separativo, uscendo dalla logica del pregiudizio, per entrare in quella della soluzione armoniosa ed evoluta,  per uscire da un enpasse storico-culturale dove alle domande della società, i rappresentanti dei governi possano rispondere condividendo le nostre esperienze e percezioni, direttamente.

In Colibrì, al 18 Ottobre 2012, si riconoscono le seguenti realtà associative e movimenti italiani

Associazione FigliperSempre Onlus Nazionale

Associazione per la Bigenitorialità  “Genitori Sottratti”

Associazione per le Nuove Famiglie

Associazione Genitori Separati Novi Ligure

Associazione Aiutiamo le Famiglie A.le.F.

Associazione NonneNonni penalizzati dalle separazioni Onlus A.NO.P.S.

Movimento Femminile Parità Genitoriale – M.F.P.G.

Associazione Genitori Separati dai Figli – AGS

Associazione Genitori Separati e Figli (GE.SE.FI. Onlus)

Associazione Papà Separati Liguria

Associazione Papà Separati Torino

Associazione Papà Separati e Figli Torino

Associazione Papà Separati Asti

Associazione Papà Separati dai Figli Onlus Roma

Si riconoscono le seguenti realtà associative e movimenti esteri

Movimento Papageno (CH)

Donna2 (CH)

I Comme Identitè I.C.I. (F)

Il Convegno di Trieste sulla banca dati per i pedofili

Pubblicizziamo molto volentieri questo evento

alicenelpaesedelgenoma.org

Dott.ssa Valentina Peloso Morana 

Il Convegno di Trieste sulla banca dati per i pedofili

Questo è il nostro Convegno.

Se fossimo alla “Sagra del salame toscano e dell’abbacchio laziale” potrebbero organizzare una corsa con i sacchi. Ma… mi sorge un dubbio: dove hanno preso i sacchi per fare la corsa? Di sicuro a quelli che li usano per lavoro.

Noi a differenza di questi signori, stiamo creando la corsa per acchiappare i pedofili. I nostri atleti sono professionisti contro il crimine, e di sicuro tra noi non ci saranno arbitri che affettano il salame (con tutto il rispetto per i salumieri). Per dirla con il nostro leader:  “Capisciammè”

Dott. Valentina Peloso Morana

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Dal caso di Cittadella io ho imparato che… di Arianna Brambilla ©

Dal caso di Cittadella io ho imparato che: 

La legge può essere disattesa.

Le sentenze possono essere ignorate.

Possono intercorrere moltissimi anni tra una sentenza e la sua applicazione.

Se una persona ha perso dei diritti, cionondimeno può continuare ad operare come se li avesse.

Una persona può trascorrere META’ della sua vita in una situazione illegale e pregiudizievole

Per applicare la legge occorre usare forza sproporzionata all’età ed alla situazione del soggetto

La giurisprudenza opera dei distinguo in base al sesso dei convenuti a giudizio

Dott.ssa Arianna Brambilla

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E venne fuori la fobia collettiva del padre

Dal Blog Femminismo a Sud

Venezia. Un padre va a prendere la figlia a scuola. Genitori separati, accordo e condiviso, lui si assume la responsabilità di prendere questa figlia. Lei lo vede e dice che vuole la mamma. La insegnante non si capisce bene cosa esattamente faccia, pare che ci sia una discussione tra padre e insegnante e lei chiama la polizia. Finisce che forse lui denuncia lei o non si sa. E’ tutto scritto su una notizia che vale la pena commentare, seppur brevemente, perché mi vengono in mente con chiarezza un paio di cose: (…..) (continua a leggere qui)

Ringraziamo Fikasicula per la lucidità con cui si esprime, nel rispetto della diversità di ognuno. Dote rara.

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